Questo piccolo testo è stato un post su Instagram, riguardo al quale mi ha scritto più gente del solito. Ho pensato di metterlo qui a disposizione di chi non ci era ancora arrivato, e come archivio, insieme al resto.
Un saggio indica la luna e oggi come oggi non ci sta più nessuno che guarda il dito, perché è una cosa da stolti guardare il dito, ormai lo sanno tutti. Quando un saggio indica, tu devi guardare la luna, sennò fai brutta figura.
Le prime volte il saggio, col suo dito puntato lontano, ci voleva solo dire di guardare oltre, di non fermarci al mondo a cui siamo abituati. Eppure questa cosa deve essere sfuggita di mano a qualcuno e oggi guardare la luna è un automatismo, l’abitudine da cui ci dovevamo allontanare. Visto che non lo stava a sentire più nessuno, e visto che la storia dell’indice alzato non coglieva più di sorpresa, il saggio se n’è andato, come un prestigiatore con un repertorio ormai vecchio. Lo deve aver fatto in silenzio, perché quasi nessuno ci ha fatto caso.
E ci ha lasciato a fissare un punto nel cielo, tutti nella stessa direzione, come parabole satellitari. Siamo diventati noi tante dita che indicano qualcosa, uno stesso punto nel cielo, dove però non c’è niente. Io ci ho provato, ci provo sempre a guardare in quella direzione. A volte è comodo, rilassante, evasivo. Però non vedo nulla.
Di conseguenza la maggior parte delle volte mi fermo a osservare quello che riesco a vedere: le antenne, oppure le persone - proprio come lo stolto che si fermava al dito - e mi chiedo dove puntino tutte. A quale satellite? Non credo di averlo capito, ma ho il sospetto che non sia la luna, comunque.