Ultimamente ho passato alcune notti nel lettone con Samuele, e prima di addormentarci è successo che, invece di leggere una storia come facciamo di solito, abbiamo parlato dei massimi sistemi. Attenzione, il di solito qui non va letto come “che genitori fenomenali che leggono i libri tutte le sere ai propri figli”, ma al contrario “madonna che palle sti figli, gli leggi una storia per un paio di sere di seguito quando sono piccoli, e diventa una condanna a vita”. È un di solito pesante, più che autocelebrativo.
E abbiamo parlato di cose tipo l’intelligenza artificiale, pro e contro. Oppure il cambiamento climatico, cause e conseguenze. Lui è sempre molto interessato, soprattutto rispetto alla storia del cambiamento climatico, che inevitabilmente è qualcosa su cui tutti e due c’abbiamo più da dire. Le discussioni sull’AI partono e finiscono sempre con grandi fantasie su robe che nè io nè lui conosciamo bene, ed è tutta una gara a chi la spara più grossa. E insomma dopo poco ci accorgiamo che non c’è molta differenza tra quello che dico io e quello che dice lui, e ci addormentiamo presto.
Il punto è che, nei giorni in cui dormiamo io e mio figlio in un letto matrimoniale, il mondo fuori fa rumore. E quello che mi gira veramente in testa è sta storia del patriarcato radicale, o radicato e inestricabile, questa storia dei nuovi valori di cui è giusto farsi carico. E soprattutto di come devo fare io a educare mio figlio rispetto ad una cosa di cui fino a questo momento credo di aver capito solo l’importanza, e forse pochissimo altro.
In altre parole io sto lì e mentre gli dico la mia sulle pale eoliche in effetti penso che gli dovrei raccontare qualcosa sull’essere maschio oggi. Solo che sto là a guardare il soffitto e parlo del vento. Potrei provare con una storia come sempre. Un racconto di civiltà preistoriche in cui ruoli e compiti maschili e femminili erano basati principalmente su caratteristiche fisiche e comportamentali: le femmine si occupavano dei cuccioli e del procacciare il cibo, i maschi provvedevano alla sicurezza del territorio e della comunità, perché se arrivava un altro maschio rompeva tutto e uccideva tutti i cuccioli e stuprava tutte le femmine. Ma già allora, verrebbe da chiedere, non era più semplice togliere di mezzo tutti i maschi? Nessuno stupratore, nessuna necessità di protezione, nessun ruolo maschile. No, a quanto pare no. Perché a quel punto quando ti viene il ciclo con chi te la prendi? Ad ogni modo se togliere di mezzo i maschi avrebbe comunque risolto molti problemi, purtroppo è sempre stata un’opzione impercorribile.
Con l’avanzare delle epoche, i maschi diventano sempre più potenti e sempre più esigenti, e le femmine patiscono moltissimo questa disparità. Nonostante il mondo sia cambiato decine e decine di volte, fino a cento anni fa c’era ancora comunque una sorta di eco di quel patto di forza iniziale, per il quale tu femmina ti occupi delle cose ordinarie, e io maschio evito che ti accadano brutture straordinarie, tipo io vado a morire in guerra, forse, una volta nella vita, mentre tu, certamente, ogni giorno lavi i pavimenti. Cento anni fa era ancora grossomodo così. Poi tutta sta roba nell’ultimo secolo non si è mai più vista, non in occidente almeno. Non si va più a morire in guerra, nessuno ha più veramente bisogno della tua imponente prestanza fisica, Samuele. Forse nelle famiglie in cui si beve ancora l’acqua confezionata è rimasta questa abitudine di affidare all’uomo il compito di portare le cassette di acqua su in casa. Ma le famiglie più progressiste hanno ormai tutte il depuratore sotto il lavello, e l’uomo fa esercizio muscolare solo per ragioni estetiche. Nelle famiglie progressiste contemporanee, e soprattutto occidentali, la fatica si è trasformata in fitness, il benessere e la sicurezza si sono estesi, e così la protezione che si offre oggi alle femmine e ai cuccioli è un po’ tipo racket: non è richiesta, è imposta, è inutile, e risolve problemi che essa stessa crea.
Che storia meravigliosa. Quindi come dobbiamo leggere oggi la presenza degli uomini nei confronti delle donne? Non lo so. Ma sicuramente essere uomini, se in passato ha avuto forse qualche lato negativo (essere donna ne ha avuti sempre molti), oggi sicuramente non ne ha più nessuno. Essere maschi invece che femmine oggi è solo facile.
Ci sono mille altre questioni che non metto in mezzo perché comunque ci dobbiamo addormentare, e poi non la finiamo più. Sarebbero cose importanti, come l’apicalità di molte posizioni maschili, i rapporti tossici, la possessività. Forse devo rimandare tutto, è tardi, non sono preparato. Il bombardamento morale dentro di me è però in atto e mi inquieta. Questo è un anno femminista, quella appena trascorsa è stata la settimana del femminicidio di Giulia Cecchettin, del tagliamoci tutti il pisello - passata poi in secondo piano solo perchè sono arrivati i wrapped di Spotify. Mi si impone di educare mio figlio maschio, evidentemente meglio di come sono stato educato io, al pensare a se stesso e all’altro in maniera nuova.
- Figlio maschio, qual è la tua concezione del femminile?
- Beh..
- Qualunque sia, non va bene.
- Ah no? Perché?
- Fondamentalmente perché sei maschio, e privilegiato. E questo è facile da capire.
- Infatti lo capisco.
- E sono tutti privilegi che non hanno motivo di esistere.
- Anche questo lo capisco, padre.
- E se non sei parte della soluzione allora sei parte del problema.
- Questo lo capisco così così. Non è un tantino troppo?
- Probabile. Ma soprattutto sei colpevole, figliolo.
- Di cosa?
- Di questo privilegio, di essere nato maschio. Sei nato piaga d’Egitto, flagello di Dio.
- No, questo non lo capisco.
- Nemmeno io, ma il fatto è che pure io sono nato maschio. E i maschi nascono tutti con la stessa concezione sbagliata del mondo: distorta, capovolta, asimmetrica. Una concezione del mondo che prevede solo il possesso, lo sfruttamento e il piacere. Che non genera niente di buono a lungo termine.
- Una contraccezione del mondo.
- In qualche modo.
Questo dialogo non avviene veramente lì a letto, però me lo immagino e mi confonde ancora di più. Decido di pulire il discorso, i concetti e provare a fare chiarezza, soprattutto a me stesso. Essere maschi è spesso un privilegio, e di questo bisogna in qualche modo sentirsi responsabili, ma sicuramente non colpevoli. Non posso dire a mio figlio di sette anni (e neanche pensarlo io) che ha un peccato originale, che nascere maschi in questo mondo ci fa essere un problema. Non serve a niente sentirsi colpevoli a prescindere, colpevoli per appartenere ad un gruppo, ad un tempo, ad una geografia. Per quanti motivi ulteriori dovremmo farlo, tutti e tutte? Colpevoli a prescindere per essere nati bianchi, occidentali, millennial, in salute? Forse ci dovremmo pure vergognare, in qualche modo, di essere nati in un tempo di pace e capitalismo, in cui l’unico affanno e ossessione è per l’approvazione altrui. Io lo capisco che il nostro, quello di tutti e tutte, è un benessere folle e smisurato, ma non può essere una colpa a prescindere, niente può esserlo. Perché se uno è colpevole della propria condizione di partenza allora tutto diventa scivoloso, pericoloso. Farsi carico dei propri privilegi è assolutamente necessario, e forse pure urgente, ma può passare solo da una presa di responsabilità, non da uno stigma.
E tutto questo glielo devo spiegare a Samuele che, va bene che parliamo di tante cose, però comunque c’ha sempre sette anni e la sua bibliografia fondamentale è la serie “Pokemon, la grande avventura”. Non so che fare.
- Scusa papà, mi devi dire qualcosa?
- Perchè?
- Mi sembri pensieroso.
- Beh in effetti volevo parlare dell’essere maschi.
- Siamo entrambi gay, papà, non credo ce ne sia bisogno. Buona notte.
- Buonanotte.
Chi sono io? Che ho fatto? Che devo fare? Sarò felice?
Ti sembra di non riuscire mai a trovare le risposte a queste domande? Sei nel posto giusto, le so io: sono Roberto Boccaccino, sono nato negli anni ottanta ma non me lo ricordo. Come in effetti non mi ricordo quasi niente di quello che ho fatto nella vita, e quindi me lo invento.
Sulla questione della felicità, beh, me lo auguro.
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