Ogni cosa è illuminata male
Lo storico intervento di Nicolò Salvemini, professore ordinario di Filosofia presso la lavanderia a gettoni di via Taranto.
Le lavanderie a gettoni sono di norma illuminate malissimo. Per funzionalità, e sicuramente per economia, il soffitto è attraversato da una serie di neon che diffondono una luce uniforme e pallida su quello che c’è sotto. Tutto riceve luce, tutto è leggibile, tutto è immobilizzato. Ogni cosa è illuminata male.
Nicolò Salvemini a certe cose ci presta attenzione. Quando entra nella lavanderia di via Taranto la giornata è quasi finita, si guarda intorno, prende una sedia bianca di plastica da un angolo e la mette su una lavatrice spenta. Ci sale sopra e stacca un paio di tubi neon dal soffitto, l’unico paio a cui riesce ad arrivare da lì. Le persone intorno lo guardano con curiosità, alcune con timore, tanto che una esce subito, impaurita dai soliti telegiornali. Quelle che erano sedute restano dove sono: un paio di donne col velo, un vecchio in un angolo e un ragazzo biondo apparentemente soli, una studentessa al cellulare; tutti seguono con lo sguardo i movimenti dell’ex professore.
Ritornato sul pavimento Salvemini è ancora insoddisfatto, c’è sempre troppa luce, così sposta la sedia su lavatrici diverse e ripete l’operazione sulle altre lampade. Alla fine lascia solo una coppia di tubi accesi sul lato sinistro della lavanderia. Da fuori, non c’è che dire, è tutta un’altra storia: una serie di vetrate semibuie, schiarite da due luci alle estremità: a sinistra i neon superstiti sul soffitto, a destra il distributore della Coca-Cola. Al centro Nicolò Salvemini.
Le persone che occupano le sedie della lavanderia si guardano tra loro nell’inutile ricerca di un comportamento da poter condividere. Non trovandolo continuano a fare quello che stavano facendo prima, aspettare.
«Signori, il mio intervento di questo pomeriggio non è poi lontano da quello di un vecchio accademico. Ma non vi spaventate, vi prego, perché non vi tratterò come un collegio di ricercatori, non vi abbofferò la uallera. Visto il contesto in cui ci troviamo mi sembra corretto considerarvi parenti, perché si sa, i panni sporchi si lavano in famiglia, e la ragione per cui tutti noi siamo qui oggi, lavare le mutande, non può renderci che congiunti.»
Una delle donne bisbiglia all'altra qualcosa, ed entrambe si rimettono a sfogliare una rivista che alla fine è solo un volantino pubblicitario.
«Voi lo sapete chi era Prometeo? Prometeo era quel cretino che invece di andarsi a trovare una fatica ha pensato bene di prendere il fuoco agli dei e portarlo tra gli uomini. E Zeus appena se n’è accorto gli ha fatto un culo a tarallo, giustamente, perché non si doveva permettere. Perché rubare agli dei non è mai una cosa furbissima, soprattutto se si tratta del fuoco della conoscenza. Ad ogni modo, da quando Prometeo ci ha fatto questo grande regalo, da quando ci ha reso esseri indipendenti, senzienti e liberi, ci ha al tempo stesso reso schiavi di qualcosa di nuovo. Perché quel cornutone non sapeva che nel fuoco degli dei non ci stava soltanto la conoscenza, ma pure la memoria! Ecco, la memoria! E da lì in poi siamo rimasti fottuti.»
«Eh, io lo dico sempre che la felicità è buona salute e scarsa memoria...»
«Precisamente, amico mio, precisamente!» si illumina Salvemini indicando l’uomo sulla sessantina seduto all’angolo. «Felicità e scarsa memoria! Ma invece che succede? Che stiamo sempre a pensare a quello che è successo e a quello che succederà! La memoria ci ha dato il senso del tempo e noi lo stiamo usando una chiavica! Parliamoci chiaro, troppo spesso quando l’uomo di questa città deve scegliere cosa fare della sua vita, a che cosa pensa?»
«A mammt!» esclama il ragazzo, senza smettere di guardare il timer della sua lavatrice. Qualcuno ride.
«No, sbagliato! Guarda all’uomo che è stato, per orientarsi, e ancora più spesso guarda all’uomo che sarà, per direzionarsi. In questo modo non facciamo altro che vivere per altre persone. E se non sto attento, le scelte che prendo finiranno per soddisfare soltanto - e nemmeno sono troppo sicuro - il Nicolò Salvemini che vivrà tra dieci anni, o forse lo studente della Federico II di vent’anni fa, ma mai l’uomo che sono adesso!»
Pausa.
«Signori, vi prego, cominciamo a fare tutto il contrario. È l’unico modo per fare fessi a tutti quanti: a Zeus, a Prometeo, al tempo, e quella grandissima pereta della memoria! Cominciamo a guardare al presente come il futuro di sei mesi fa, o di dieci anni fa, per piacere. Perchè è esattamente quel futuro che stavamo aspettando e in cui abbiamo riposto le nostre ambizioni e i nostri desideri. Non possiamo certo trascorrere quel futuro, cioè questo presente, a pensare a cosa sarebbe meglio o sarebbe stato meglio fare, sennò non ne usciamo più. Per vincere dobbiamo vivere il presente come il miglior futuro che abbiamo potuto immaginare, non ci stanno cazzi.»
La ragazza ha abbassato il telefono e lo guarda divertita. Vorrebbe che con lei ci fosse qualcuno che conosce, per poter soltanto ridere di lui e non doversi chiedere se ha ragione o meno.
«Al tempo stesso, signorina, tra dieci anni guarderemo ad oggi come un riferimento, perché è oggi che ci costruiamo i ricordi che avremo in futuro. I ricordi di una vita ti servono quando devi fare i bilanci, quando vuoi capire se hai avuto una vita felice oppure no. Sennò signori’, su che cosa si basano questi sfaccimma di bilanci di vita?»
La ragazzina ride e si guarda attorno.
«Si basano appunto su tutto quello che abbiamo fatto giorno per giorno, oggi per oggi! Signorina! Ma avete capito o no che ha combinato quel grandissimo stronzo? Prome’, la prossima volta fatti i cazzi tuoi!» Nicolò Salvemini si guarda intorno, fa una lunga pausa, attende il tempo giusto, l’apice di un climax che non c’è mai stato.
«Signore e signori convenuti, giovanotto sulla porta, ragazza che stai sempre con la capa nel cellulare. La memoria va saputa usare, non va subita. Il presente è il futuro che stavamo aspettando e il passato che vorremo ricordare.»
Lo dice lentamente, con gli occhi a fissare il vuoto attraverso le vetrate, la strada ormai del tutto buia, la periferia. In quel momento arriva, piano, una volante della polizia che parcheggia là fuori.
Questo testo è stato in qualche modo ripreso dal libro Storie Note del 2018, dove uscì col titolo “Nicolò Salvemini” . Altri tempi.