L'eccezione di Agosto.
L’importante è sentire una distanza da qualcosa, e Agosto credo serva a quello.
Agosto è un’eccezione. Torna tutti gli anni, mentre tu sei lì ed è fine luglio, e da un giorno all’altro, sempre improvvisamente, eccolo là. E tutti gli anni si interrompe il mondo per come va di solito e la quotidianità si capovolge, le virtù diventano vizi, i difetti pregi, e ogni cosa è frattura e paradosso.
Tutto quello che sembra succedere ad Agosto, a pensarci bene, è quasi una concessione che ci facciamo, una digressione in quello che stavamo dicendo nel frattempo, un andare a comprare le sigarette e poi tornare senza essere scappati per sempre.
Agosto è un’eccezione per tante ragioni.
Tanto per cominciare: le ferie, quel contenitore chiuso, limitato e necessario nel quale finalmente. Come se tutto il resto dell’anno non potesse essere mai finalmente. Le ferie sono finalmente, un mercoledì mattina non lo è quasi mai. Finalmente non sto più in città, in ufficio, a casa, finalmente è diverso. Finalmente ad agosto si può dare vita a qualcosa che non era possibile negli altri mesi perché si era troppo occupati a guadagnarsele, le ferie. Che detta così fa un po’ ridere. E anche detta in qualunque altro modo.
Nuvole di lavoratori (o di legittimamente disoccupati) si spostano perché hanno la possibilità di fare quello che sentono (o sembra sentano) di volere davvero. Che poi sembra sia, quasi sempre, qualcosa di diverso da ciò con cui si preoccupano di riempire i giorni di tutto il resto dell’anno. E quindi niente, abbiamo bisogno di darci un momento specifico e chiuso da riempire con una grande pausa.
E poi ancora: ad agosto se rimani in città trovi parcheggio sotto casa e di notte in tv passano dei film bellissimi. Ad agosto ci si rilassa, e ci si rilassa per forza. Non si può fare altro che vivere in vacanza. Chi vive lavorando ad agosto è un’eccezione ulteriore, perché l’attività principale delle persone, quella che le unisce, le raccoglie e le indirizza (insomma quella che durante l’anno è rappresentata dal lavoro) diventa la negazione del lavoro.
Ad agosto si fanno molte foto perché, quasi automaticamente, si attribuisce ai giorni il valore di essere ricordati. E così componiamo album in cui la nostra vita è costituita quasi solo di compleanni, natali, e agosti. Ricorderemo di aver vissuto la maggior parte della nostra vita in vacanza, il che mi sembra comunque una cosa bella.
Agosto è un’eccezione anche perché si va in posti dove non avresti mai veramente il coraggio di vivere.
- Tesoro, immagina ad averci una casa qui. Proprio qui, su quest’isola lontana. Immaginati il mare, tesoro mio, la tranquillità, la bella vita.
- Cara, me la immagino vuota, la casa. Perché noi abitiamo sulla Prenestina e tua figlia va in una scuola che hai scelto tu perché le altre ti sembravano piene di figli di cafoni che non sanno parlare italiano, e tu lavori, ringraziandiddio, come dipendente del comune dopo che ti sei trasferita a Roma apposta perché è la capitale e il futuro è la grande città, e la Feltrinelli il sabato pomeriggio e il cinema a quattro euro un mercoledì all’anno, e lavorare e crescere una famiglia a Sora non è possibile, che mondo è.
- Ma…
- Cara, sentimi, qui a Ustica tu non ci vuoi vivere veramente, ti serve solo per sognare, e iniziare a rompere il cazzo.
La gente abbandona le città, che si spopolano, e riempie luoghi ameni e lontani che solitamente sono vuoti, isole, campagne, laghi, montagne, deserti. Oppure succede una cosa ancora più buffa. Evacuiamo tutti le nostre case, abbassiamo tutte le tapparelle e chiudiamo il gas, fuggendo da quello che è l’ultimo posto in cui si potrebbe mai pensare di passare le ferie. Arriviamo piacevolmente in un’altra città (desiderata da mesi e perciò bellissima), magari una capitale altrui, dove troviamo anche lì tutte le tapparelle abbassate e i rubinetti del gas chiusi per ferie. Una città da cui sono tutti fuggiti per andare a vedere questa meraviglia esotica che è il posto da cui veniamo noi.
Ad agosto andiamo in giro vestiti in maniera improbabile, che saremmo fuori luogo ovunque, ma tanto noi fortunatamente siamo altrove. E poi sembra che si leggano molti più libri, e penso che sia l’unico mese in cui si vendano quotidiani e riviste, e che si mangi tutti improvvisamente molto meglio.
L’amore. L’amore estivo è esso stesso una categoria a parte nella grande fucina delle storie d’amore. È tipo l’abbronzatura, ti scotti all’inizio, ti inizia a prendere bene e ti senti bello, anche se in fondo lo sai che non arriverà a natale. È un amore che ti ci butti e che cresce senza attriti e senza pesi, senza la paura del futuro. Forse non dura, ma almeno hai capito perché durano tutti gli altri.
E viviamo in questa dimensione provvisoria e anomala che, indipendentemente dalle cose che accadono, ha il grande compito di farci vedere una differenza, e darci la possibilità di dimostrare a noi stessi che non siamo sempre così. Anche se non sappiamo esattamente a cosa facciamo riferimento - se agli undici mesi precedenti o se a quello che stiamo facendo in quelle quattro settimane estive - noi non siamo sempre così. L’importante è sentire una distanza da qualcosa, e Agosto credo serva a quello.
Ci spostiamo tutti insieme, in grandi migrazioni circolari che durano quello che basta per averne nostalgia appena si torna. Quello che succede, succede per un po’. Non che non sia vero, ma poi passa; passa sempre. Partiamo e torniamo riempiendo aerei, navi, treni e soprattutto parentesi; manifestando così il significato più vero di quello che siamo ad agosto: passeggeri.
Pubblicato originariamente su www.bloggaccino.it.