Carissimo Carmine,
ti scrivo per parlarti di consuetudini e di rivoluzione. È molto tempo che non ci sentiamo e dovremmo perciò cominciare col raccontarci di noi, della tua vita in campagna e del mio lavoro che ho lasciato, ma non c’è davvero motivo. La vita che viviamo - e so che sarai d’accordo - è stata tutta uno spreco. Lo è sempre stata per tutti, ma a noi è toccato accorgercene, in quest’epoca, e in qualche modo rimediare. Avrai già capito dove voglio arrivare, e sarai subito lontano, lo so. Ad ogni modo non scrivo per convincerti, semmai per invitarti.
Questo governo spaventa gli uomini che siamo stati, e io pure ammetto di averne avuto timore, ma alla fine credo che quello che sta facendo sia giusto. Mi sono finalmente persuaso da quando, l'anno scorso tra i vari decreti, è stata vietata l'attività fisica e razionate le calorie; è stata una decisione giusta e coerente. Bisogna essere impopolari a volte pur di essere giusti. E cos’è oggi la giustizia se non fermare lo spreco, risparmiare le risorse? C’è ancora gente che corre per strada, Carmine, solo per il gusto di correre. C’è gente che va a ballare, a sudare l’uno contro l’altro in feste clandestine, esaurendo ogni forza per niente, mentre i campi sono sempre più sterili e l’acqua è sempre meno.
È stato senza alcun dubbio un bene chiudere le palestre, inventate per andare a bruciare calorie soltanto per poterne accumulare altre. Che vita era? Solo un consumo continuo, da irresponsabili.
Qui in città stiamo ripensando il nostro modo di stare al mondo, abbiamo deciso di farci carico dell’insostenibilità delle nostre giornate, capendo finalmente che per permettere al mondo intorno di continuare a muoversi, a lavorare, a estrarre, dovevamo fermarci noi individui, persone, bambini, vecchi. Chi pensa sia un gesto estremo si sbaglia: non siamo noi quelli che vogliono farla finita. A questo governo, come sai, non piace il lassismo, e maltollera i movimenti di estinzione volontaria: la gente che si lascia morire, che non fa più figli. Non può essere quella la strada, per salvarci ci vuole rigore, a volte sacrificio. Non basta morire, bisogna dimostrare di saper sopravvivere.
È ormai da tempo che io per primo ho adottato una vita più corretta, ma non per questo più faticosa, e davvero vorrei che tu potessi vederla, e provarla.
Vorrei che venissi anche tu una volta alla Palestra Impopolare, dove si sta seduti tutto il tempo. Si sta sul divano, su una sedia, o volendo su dei gradini per strada oppure su una panchina sotto casa (l’aria aperta è una cosa buona). Un po' si mangia, quando è possibile. Si va in giro sempre in macchina e in scooter, o con il monopattino per inquinare meno.
Non dobbiamo muoverci mai più, perché ogni movimento è consumo, e ogni consumo è uno spreco. Calorie, tempo, soldi, desideri, sesso. Dietro ogni gesto che facciamo, dietro ogni cosa, caro Carmine, si nasconde il consumo: la ragione segreta e inesorabile per cui accade quasi tutto ciò che accade.
Eppure non riusciamo a renderci conto che stiamo consumando così tanto, fino a che non ci scopriamo stanchi, esausti. E sono convito che lo siamo tutti: stanchi della fine del mondo, dello stare in forma, del non morire mai, del fare le scale, l’uscire di casa, il viaggiare, il mare, la montagna, le passeggiate, l’entusiasmo, le danze, le cene, il sesso occasionale.
Abbiamo esagerato. Ogni movimento, ogni pensiero, ogni emozione, ogni respiro, tutto è uno spreco di calorie: il più grande spreco a cui dobbiamo far fronte. E così, capisci bene, la via d’uscita è la stasi, l’indolenza.
Vieni anche tu alla Palestra Impopolare, vieni a prendere l'ascensore con me. Ti porto al quarto piano, anzi ti porto al secondo, o addirittura al primo. Sali in ascensore con me al primo piano di casa tua, arriveremo stanchi senza esserci mossi. Vieni con me a stare fermi, a non fare nulla. Nessuna caloria, nessun desiderio, nessuna vita. Ordiniamo una pizza a domicilio, guardiamo la tv fino ad addormentarci, conserviamoci in silenzio. È una nostra responsabilità. Iscriviti anche tu alla Palestra Impopolare, dove ogni vita è un letargo.
Sono certo di una tua risposta, così come sono certo che dovrò attenderla a lungo.
Con l’affetto di sempre, Giovanni.