Facciamo un riepilogo velocissimo della storia del design. Un giorno, quasi improvvisamente, un uomo si rese conto che non sapeva più dove mettere nessuna delle sue cose. Non riusciva a trovare un posto per i vestiti, il cibo, i bicchieri, la luce del sole, le parole, la munnizza, i ricordi, la cipolla tagliata a metà, i documenti della macchina, i pensieri prima di andare a letto, e nemmeno per il proprio culo. In realtà non è che stesse cercando un posto diverso per ciascuna cosa, ma un contenitore comune per tutto, una sorta di cesto dell’indifferenziata per la propria identità: alla fine stava cercando un posto per sé. E così nacque il design.
Da quel momento in poi successero molte cose, che è difficile includere in un riepilogo velocissimo come questo, fatto sta che gli oggetti divennero contenitori anche quando non contenevano niente. Col tempo una sedia vuota finì per raccontare una storia, per abitare uno spazio, per caratterizzarlo, anche senza un culo che ci si sedesse sopra. La potenza di questa cosa era enorme, e tremendamente affascinante: progettare gli oggetti riusciva a trasferire loro una personalità, e a farla passare successivamente anche a chi li possedeva.
Ovviamente in queste storie non si è mai soli, e un altro tizio nel frattempo si inventò il marketing, che per intenderci è quella cosa per cui il diavolo fa le pentole senza coperchi, e la Apple fa i computer senza porte usb. A furia di marketing il design si ridusse suo malgrado ad essere percepito solo come moda, come esclusività: il contenitore dopotutto bastava e avanzava. Tipo quei taccuini neri che sono diari di viaggio a prescindere, anche se sono ancora incelofanati sugli scaffali della Feltrinelli. C’hanno già il viaggio dentro, anzi il viaggiatore fuori, anche se non sono mai stati aperti.
Ma arriviamo ad oggi, che lo spazio è poco. Complice anche il nostro conservare tutto sui server, i contenitori di cui ci circondiamo sono sempre più vuoti. Eppure non ne abbiamo mai abbastanza, continuiamo ad accumularne sempre più. E vai di borse, agende, cose Ikea, ma anche libri, vinili, aperitivi, abbonamenti Netflix, che magari non saranno così vuoti, ma diciamo che spesso restano contenitori. Non ci bastano mai, e per quanto fichissimi sono tutti insoddisfacenti.
E così oggi ci rendiamo conto che il design da solo non ce la fa. Il design va riempito, perchè sennò è tutto un grande Lorem Ipsum formattato benissimo, ovunque, nei libri, sui manifesti, sul biglietto del treno e sulla carta d’identità, sulle lapidi. Un incubo. Se non aggiungiamo niente noi, il design resta solo consumo. Ricordiamoci che il consumo è un’esperienza nascosta dietro tutte le altre che crediamo di fare. Anche le più intellettuali e autentiche. Anche i viaggi, le librerie indipendenti, gli abbonamenti culturali, l’orto urbano, l’amore per i figli, l’ambientalismo.
Prendiamoci cura delle storie che i nostri oggetti ci suggeriscono, cerchiamo contenuti per riempirli di significato. Aggiungiamo, per sottrarli dall’essere solo un’altra cosa avuta. La prossima volta che vediamo una sedia di Alvar AAlto, sola in un loft, diamole davvero un senso. Quella sedia ha bisogno di un culo.