Quando qualcuno tira fuori l’11 settembre si finisce sempre a ricordare, a turno, quello che ognuno di noi stava facendo quando è successo. Certi eventi si mostrano in qualche modo da subito come momenti storici, e tu che ci stai davanti lo intuisci, accendi qualche allarme, massimizzi l’attenzione, chiudi la vista periferica concentrandoti solo su quello che ti sta di fronte, memorizzi parole e dettagli. Non scegli di farlo, è un comportamento naturale che succede anche, per esempio, con i colpi di fulmine, solo che in questo caso è un colpo di fulmine collettivo. In automatico ti ritrovi a mettere un asterisco, a fare una piega all’angolo della pagina a cui sei arrivato. Insomma te lo ricordi dov’eri e che stavi facendo.
Io, quando cadevano le torri gemelle, stavo giocando a World of Warcaft a casa mia a Benevento, nello studio dove c’era l’unico computer di casa. Non era nemmeno collegato ad internet. Lo usavamo non so bene per cosa, io lo usavo per giocare e per disegnarci le copertine delle musicassette che registravo. Mia madre mi chiama in cucina davanti alla tv e restiamo lì in piedi per un po’, io lei e mia sorella, senza dire poi molto. Di lì a poco sarebbe ricominciata la scuola.
Quando hanno arrestato Matteo Messina Denaro, l’altro giorno, avevo appena acceso il portatile, rendendomi conto che la foto postata un attimo prima su Instagram - ripetendomi che bisogna continuare ogni tanto a dare segnali che si è ancora vivi - sarebbe stata seppellita e ignorata da conversazioni più attuali, vanificando tutti i miei tentativi di sopravvivere.
Quando è morto Lucio Dalla, stavo scansionando tanti miei negativi nello studio di Ezio Ferreri, qui a Palermo. Ci passavo giornate intere, perchè le pellicole erano molte e le scansioni lente, ma stavo bene. A me Lucio Dalla nemmeno piaceva particolarmente, ma da allora in poi mi è piaciuto moltissimo. Credo di essermi fatto influenzare dall’amore degli altri, che poi è esattamente quello che succede con il mainstream: i prodotti di arte e cultura che piacciono a mezzo mondo non si basano tanto sul fatto che ci adattiamo tutti agli stessi contenuti, ma che ci adattiamo tutti agli stessi stati d’animo. L’industria culturale è prima di tutto un’industria emotiva, un’industria di punti di vista. Vabbè, poi ci torno in un altro momento su questo. Ad ogni modo Lucio Dalla è stato bravo a prescindere dall’essere stato apprezzato così tanto, davvero.
Quando Baggio sbagliò il rigore a Pasadena nel 1994 ero in uno scantinato di una villa a Pontelandolfo, il paese di mio padre, in uno spazio che ricordo come se fosse il laboratorio di uno scienziato fuori di testa, ma che era solo un ingegnere di nome Carlo, un caro amico dei miei. Saldatori, radio, attrezzi vari, transistor, cavi, bulloni, monitor. Uno di questi monitor, molto piccolo, posizionato tra molte altre cose su una sorta di scaffale, trasmetteva la finale. Eravamo solo bambini lì dentro, gli adulti erano in soggiorno al piano di sopra, davanti un televisore normale.
La prima volta che ho visto il Covid è stata ben prima che diventasse una pandemia, ero da Minimum. Avevo scoperto, non so bene dove, che la Jon Hopkins University stava monitorando un’epidemia in Cina mostrandone i dati su una mappa interattiva e aggiornata di continuo, che mi ricordava moltissimo quelle che si vedevano nei film. Adesso, dovete sapere che io mangio pane, mappe e fantascienza, e quell’interfaccia, quella cosa, era una roba su cui non potevo non uscire pazzo. C’erano diversi pannelli su fondo nero, cerchi rossi e verdi, statistiche e dati, tutto intorno ad un planisfero. L’avevo messa a tutto schermo e ne parlavo con Simone e Giulia, che in quel momento era in residenza a Palermo. Giulia era incinta, ma non si sapeva.
Quando ci fu la primavera araba abitavo per un periodo in una vecchia casa in campagna della mia famiglia. Ci stavo solo, in mezzo a tanti viaggi. Ricordo che quell’evento accadeva sui social, su Twitter, su Youtube. Fu la prima rivoluzione, o comunque la prima cosa che assomigliava ad una rivoluzione, che veniva raccontata prima online e poi altrove. In quella casa non c’era adsl, non c’era nemmeno il telefono in effetti, però c’era un vecchio televisore, e io una sera ero lì, a guardare la tv che trasmetteva internet.
Nonostante nel terzo millennio abbiamo cercato di proporre ogni evento come epocale, io onestamente di momenti storici a cui ho assistito non ne ricordo altri, non adesso almeno. Certo, ci sono stati altri colpi di fulmine, ma quelli non li ho visti su uno schermo.